Eric Woolfson’s POE at Abbey Road
Venerdì 7 Novembre 2003: la serata di mezzo fra le tre in cui il musical "Poe" di Eric Woolfson è stato presentato per la prima volta, e dal vivo, nei famosi Abbey Road Studios. Abbiamo scelto un giorno tra Giovedì e Venerdì invece del Sabato non solo per evitare di pagarci l'astronomico biglietto di 250 Euro inclusivo di "Champagne reception" (che avrebbe gravato seriamente sul budget già alto per via di volo e albergo), ma anche per aumentare le probabilità di parlare con Eric. Il Sabato, infatti, Eric avrebbe ricevuto grandi personalità del mondo del teatro, ovviamente nella speranza di convincerli a fare di Poe un musical rappresentato regolarmente in un teatro. Non sappiamo ancora se sia riuscito nell'intento, ma glielo abbiamo augurato di tutto cuore.
Nel pomeriggio, al Virgin Megastore di Oxford Street, scansioniamo tutti i periodici di musica rock. Sul famoso settimanale "Time Out", abitualmente acquistato dai Londinesi per decidere cosa fare nel weekend, troviamo un piccolo banner pubblicitario con un uomo dalla testa di corvo che attraversa le più famose strisce pedonali di Londra. "From the creator and writer of THE ALAN PARSONS PROJECT, a once in a lifetime opportunity to attend a live staged concert recording at ABBEY ROAD STUDIOS. Elliot Davis presents Eric Woolfson's POE, featuring Steve Balsamo, www.poe-cd.com. 6th and 7th November. Book now [...]". Realizziamo allora come sia potuto accadere che, nell'ultima settimana, i posti siano passati da quasi tutto libero al tutto esaurito per tutte le serate. E naturalmente ci compriamo la rivista, per aggiungerla alle nostre collezioni projectologiche.
Ore 17:00. Scendiamo alla stazione del tube di St. John's Wood, ove si trova l'Abbey Road Cafè: un baretto piccolo piccolo (gestito proprio da Italiani come noi) che funge da negozio ufficiale degli Studios, e che vende oggetti quali tazze di Abbey Road e cartoline dei Beatles. Vi troviamo il libro che documenta la storia dei famosi Studios, e che include foto storiche anche di parecchi altri artisti fra cui Pink Floyd, Sting, Kate Bush, The Hollies, John Williams e, fra le altre cose, una storica e unica foto dell'Alan Parsons Project all'opera nella sala controllo dello Studio 2, e una dei Pilot nella storica cantina (taverna) dove sono state scattate anche foto storiche dei Beatles.
Dopo aver percorso pochi minuti a piedi, attraversiamo le famose strisce pedonali, passiamo davanti al famoso muretto su cui i fan dei Beatles lasciano i loro messaggi, entriamo nel cortiletto e arriviamo alla famosa porta con sopra la scritta "EMI Abbey Road Studios". Una porta e una facciata così piccole rispetto agli enormi studi che, come avremmo poi scoperto, si trovano in un edificio retrostante (ma connesso a quello frontale) e in parte seminterrati. Non è da tutti i giorni poter entrare negli Abbey Road Studios. "Poe" è stata un'occasione unica anche per questo.
Ore 17:45. Come da orario entriamo. Sulla destra, la scrivania della reception sovrastata dal famoso titolo Abbey Road Studios. Sulla sinistra un elegante divano in pelle nera e un tavolino da caffé, dove siamo ricevuti da una gentilissima assistente di Eric (che poi avremmo scoperto essere una delle sue figlie). Ritiriamo dunque il biglietto prenotato, ovvero un cartoncino avente sul lato frontale una fotocopia a colori della copertina del CD "Poe" e sul retro un adesivo stampato in bianco e nero con la scritta "Eric Woolfson's POE", la figura di un corvo, il sottotitolo "CONCERT at ABBEY ROAD STUDIOS", e il numero del posto. Entriamo così nei corridoi degli Studios. L'ambiente è confortevole, con una moquette blu sul pavimento, ma non è un ambiente lussuoso. È a misura d'uomo, un luogo semplicemente ideale dove un musicista può registrare. A sottolineare l'importanza del luogo, però, ci sono delle foto storiche degli interni degli Studios appese sulle pareti. Le guardiamo con calma. Scendiamo le scale, osservando ancora foto sulle pareti. Non ancora giunti in basso, intravediamo già il piano inferiore. La prima cosa che notiamo sono i poster di due film di Star Wars (la maggior parte della colonna sonora degli episodi di SW è stata registrata ad Abbey Road), e, da bravi fan di Star Wars quanto del Project, ci sentiamo sempre più "a casa". Una volta scesi nel corridoio al piano inferiore, notiamo i poster di molti altri capisaldi del cinema, come per esempio un Indiana Jones e un Lord of the Rings. Non è un caso che gran parte delle nostre creazioni artistiche preferite siano passate per Abbey Road: è il luogo dov'è stata registrata gran parte della migliore musica del XX secolo (va anche citata la storica trasmissione radio dell'orchestra di Glenn Miller, avvenuta proprio il giorno della sua scomparsa). Scese le scale, sulla sinistra vediamo una porta a vetri, attraverso cui riconosciamo i tavolini della famosa cantina prima citata; al pubblico però non è permesso entrare ... è infatti usata come bar per gli artisti, esattamente come quando gli Studios sono usati normalmente per registrare. Giriamo allora a destra. Improvvisamente, in un corridoio, notiamo Eric. E ci sorride! Un addetto alla sicurezza non ci consente di entrare nel corridoio, gli chiediamo se possiamo vedere Eric … ci dice che probabilmente dopo verrà lui da noi. Giriamo un angolo, bloccati da un separè che lascia intravedere un corridoio su una parete del quale c'è una fila sterminata di ganci ciascuno avente un rotolo appeso di decine di metri di cavi. Chilometri di cavi e cuffie dappertutto.
Arriviamo allo Studio 2. L'aspetto dello studio in sé è alquanto semplice: dipende da quello che ci si mette dentro. Avendo studiato il libro della storia di Abbey Road riconosciamo il pavimento a palchetti e la scala che porta alla sala controllo (chiusa al pubblico). Nell'interno dello studio notiamo una piccola mostra su Poe che Eric ha approntato per i suoi ospiti: svariati poster d'antiquariato di film basati su opere di Edgar Allan Poe (alcuni poster in Italiano!), un cartello riportante la frase della canzone "I am the walrus" nella quale i Beatles hanno citato Poe, una foto dei Beatles stessi assieme alla copertina di "Sgt. Pepper" sulla quale appare tra le tante famose sagome di cartone anche lo stesso Poe, dipinti e disegni ispirati a opere dello scrittore/poeta, una porta sovrastata da un busto di Atena con sopra un corvo e, vicino alla scala che porta alla sala controllo, una copia sotto cornice dell'edizione originale di "Tales Of Mystery And Imagination" dell‘Alan Parsons Project. Dal programma avremmo poi scoperto che era stato determinante il contributo di un'associazione collezionistica su Poe di Praga, che iniziò la sua attività proprio anche grazie al successo di "Tales". Nello studio 2 notiamo anche un vecchio piano a muro e un banchetto per le bibite con pronti i secchielli per lo champagne della sera successiva. E, dulcis in fundo, il banco del merchandise di "Poe", dove abbiamo requisito CD, programma e poster, e dov'era disponibile anche altro merchandise quale giubbotto, cappellino e altro. Sono circa le 18:00, l'ora prevista per l'inizio del ricevimento nello Studio 2 … siamo pure entrati in anticipo. Nel pagare il merchandise chiediamo all'addetto se pensa che Eric si unirà al ricevimento, ed egli ci risponde "È dietro di voi!". Eric, infatti, sta venendo da noi!
Visto che mai avremmo immaginato una tale disponibilità e gentilezza da parte di Eric, non ci siamo portati un taccuino su cui annotare le risposte di Eric (peggio ancora, ci siamo scordati di portare la scala, perchè Eric è MOLTO alto!). Non è possibile ricordare dunque le parole esatte, ma ricordiamo con buona approssimazione le sue risposte. Eric: Ciao!
Noi: Sai, in passato sono stati organizzati dei meetings a tema Alan Parsons Project in Italia.
Durante l'intervallo fra i due atti di "Poe" abbiamo incontrato Eric e avuto un breve scambio ulteriore con lui
Abbiamo inoltre incontrato la figlia Sally, la quale, prima del giorno dello spettacolo, era stata gentilissima nel risolvere un problema tecnico nella prenotazione dei biglietti.
Infine, dopo lo spettacolo abbiamo ringraziato Eric per tutto e gli abbiamo fatto i migliori auguri per il futuro.
Terminata l'intervista, andiamo a sederci (proprio sotto il "Tales" incorniciato) e apriamo il programma. Cerchiamo di leggere bene il riassunto della storia, ma l'emozione è troppo forte.
Siamo ora condotti nello Studio 1. Sapevamo che era quello più grande, ma la sua enormità ci ha lasciato di sasso: è proprio come una cattedrale. Intravediamo subito il palco, già semiilluminato dalle luci sovrastanti. Dopo la mostra dello Studio 2, relativamente spartana, solo ora comprendiamo la portata della serata. Eric ha fatto le cose in grande. Nello Studio 1 Eric ha fatto sistemare comodamente 300 posti a sedere, un banco mixer a retro sala, e il palco (che copre il famoso schermo cinematografico usato per registrare le colonne sonore). A sua volta il palco è stato diviso in 3 parti. La parte centrale rialzata ha ospitato la rappresentazione del musical sulla quale si sono esibiti il lead vocal Steve Balsamo, gli altri attori e i coristi/ballerini. A sinistra sono stati sistemati, con una precisa organizzazione dello spazio, 5 strumentisti rock (due tastiere, chitarra, basso e una batteria in cabina di vetro per evitare rimbombi), e a destra 5 strumentisti orchestrali (violino, violoncello, corno, flauto & altri legni, percussioni - inclusive di 3 timpani, campane tubolari, campanellini, xilofono, e vibrafono): una perfetta rappresentazione live del sound del Project che fonde strumenti classici, voci e strumenti elettronici. Gli strumentisti erano già presenti ai loro posti quando siamo entrati. Dunque, per questi concerti, Eric non ha usato un'orchestra completa perchè non avrebbe lasciato spazio ai posti per il pubblico. Ha invece optato per un compromesso: la combinazione di una formazione orchestrale reale ridotta con degli ottimi suoni di tastiera. Il risultato è stato comunque un ottimo sound orchestrale. Eric, naturalmente, da bravo autore, è rimasto in disparte, a supervisionare il tutto. Il direttore d'orchestra è stato posto davanti alla band rock, non alla formazione orchestrale, in quanto la band rock è quella che suonava più spesso e forniva la base ritmica. È evidente che la band orchestrale, come anche il palco centrale, aveva dei monitor su cui poter vedere il direttore d'orchestra. Nella band rock, la quantità di tecnologia è stata impressionante. Uno dei tastieristi aveva il suo mixer e una pila di rack piuttosto alta. Non c'erano pezzi strani (le tastiere erano usuali Korg e Roland), il fatto è che avevano di tutto. Strumentisti e direttore avevano ognuno il suo spartito. Quanto all'amplificazione, ogni singolo strumento acustico o voce aveva il suo microfono (ad esempio, quello del violino era installato sullo strumento stesso), e ogni strumento aveva il suo ingresso nel mixer. Davanti al palco, sui lati, sono stati sistemati due grandi altoparlanti. Sopra il palco è stata sistemata una struttura con un notevole sistema di luci da palco. Per il resto, non c'era molto da vedere nello Studio 1: il famoso pavimento a palchetti, i ganci sulle pareti con appesi chilometri di cavi, il piano a coda e, sul retro, il vetro di comunicazione con la sala controllo - che era chiusa al pubblico, essendo usata da Balsamo per riposarsi nell'intervallo.
Gli attori hanno fatto il loro ingresso in modo Pirandelliano - quando ancora la gente si stava sistemando sulle sedie - e guardando il pubblico, tant’è che all'inizio abbiamo pensato che fossero "maschere" in costume. Ottimi anche i costumi ottocenteschi. Le attrici/coriste/ballerine avevano qualche spacco, all'ovvio scopo che i potenziali produttori non freddassero il musical come troppo casto, ma per il resto Eric non è sceso a compromessi. Fra i costumi si è distinto quello di Poe (Steve Balsamo), con una giacca rosso bordeaux, dal design lievemente più moderno, un aiuto visuale all'applicabilità al presente dell'umanità del personaggio.
Più che da vedere, gli Abbey Road studios sono da sentire. Il volume è stato perfetto, nè troppo alto nè troppo basso. La "sala" non ha avuto il minimo eco o rimbombo. L'equalizzazione è stata perfetta soprattutto grazie all'enorme quantità di tecnologia impiegata. Con un'unica eccezione: mancavano un po' di bassi nella riproduzione della batteria; ma, data la tecnologia disponibile, è evidentemente un limite invalicabile; più bassi sulla batteria avrebbero significato rimbombo, perchè l'ambiente dello Studio 1 non è propriamente costruito come sala di riproduzione, ma come sala di registrazione. Il mixaggio non ha fatto una piega. Altrettanto tecnicamente perfetti sono stati i musicisti e gli attori/cantanti. Non una singola stonatura. Solo la cantante che ha interpretato la madre di Poe ha dato un'interpretazione non del tutto sicura, ma comunque solo sulla prima reprise del suo brano. Perfetti i sincronismi. I musicisti rock guardavano molto spesso il direttore. Ottime anche le coreografie.
Per un reportage del musical in sé (inclusa la comparsa di un corvo vero!), rimandiamo alle più specifiche analisi musicale e testuale.
Alla fine del musical, siamo andati vicino al palco per incontrare Laurie Cottle. Ricordiamo che Laurie (diminutivo di Lawrence), il fratello del tastierista Richard, ha suonato il basso negli album "Gaudì" e "Freudiana", oltre a "Poe". Abbiamo individuato Laurie dal basso e dalla somiglianza con il fratello. Ecco il nostro piccolo scambio di parole (anche qui non ricordiamo le parole esatte ma il senso è quello). Noi: Ci scusi, Mr. Cottle?
Usciti dallo studio 1 abbiamo atteso, davanti alla cantina, Steve Balsamo per l'autografo. Anche lui è stato gentile. Durante questa attesa abbiamo rivisto Laurie, l'abbiamo salutato ringraziandolo, e lui ci ha risposto "Grazie a voi!". Ecco il nostro piccolo scambio con Steve (di nuovo proviamo a ricordarci le parole esatte – ma perchè non abbiamo chiesto allo staff di Abbey Road "Scusate, avete un registratore!?") Noi: Ciao, e tanti complimenti per lo spettacolo! Veniamo dall’Italia!
Tutta la serata ci è parsa un lungo sogno … o meglio un sogno dentro a un sogno … Con tristezza abbiamo dovuto lasciare gli Studios … ma ci consoliamo perchè quando abbiamo salutato l'addetto che indicava l'uscita egli ci ha risposto "Ci vediamo presto!".
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© ALESSANDRO COSPITE 2006