ROGER WATERS TOUR 2006 - ARENA di VERONA (4 & 5 Giugno 2006)
REPORTAGE

Non ero mai stato all’Arena di Verona, e neanche Roger. L’Arena, così come l’Anfiteatro di Pompeii (chissà perché lo cito !), è un luogo bellissimo per vivere la musica di Roger Waters e dei Pink Floyd, sia per la spirito di essere all’ascolto di musica davvero senza tempo (e senza confini di spazio) ma anche per la sensazione di trovarsi all’interno di un rituale "abbraccio" collettivo.
Dopo pochissimi brani della prima sera Roger infatti non esita a dire a microfono che L’Arena è un posto meraviglioso e che chi ci abita vicino può dirsi veramente fortunato; aggiungerei che è stata una fortuna poterci vedere un concerto di Roger dentro !
Chi aveva il dubbio, lette alcune anticipazioni, che Roger avesse organizzato un tour "alla buona" per via del poco tempo di pre-produzione si è dovuto totalmente ricredere. Il dubbio nasceva dal fatto che il tour è -derivato- da una singola data, a Magny Cours in Francia per l’anniversario della pista automobilistica, per poi espandersi sempre più: i Francesi avevano pensato ad un’esibizione live dei Pink Floyd di tutto The Dark Side Of The Moon, laddove Roger aveva proprio esposto in varie interviste il desiderio di risuonare live da qualche parte tutto l’album con i suoi ex-compagni.
Vista la non disponibilità di tutti, a eseguire Dark Side (e un’altra metà di show di altri pezzi dei Pink Floyd e di pezzi solisti) ci deve pensare infine il solo Roger (con Nick Mason per un paio di date, ma non Verona), e il manager suggerisce a Roger di trasformare una sola data in un tour vero e proprio. Grazie manager !
Per via dei soliti ‘problemucci’ con i promoter italiani (i biglietti di poltronissima del 4 diventano per qualche giorno inacquistabili) finisco con il prendere 2 biglietti: uno, per il 4, in 21esima fila un po’ sulla destra e uno, per il 5, in prima fila centrale (Yahùù !!!). Alla seconda data ci sono andato insieme a un mio carissimo amico, al quale ho fatto conoscere la discografia solista di Roger.
Avevo -pur adorando Roger alla follia- il timore che, alla seconda data, avrei avuto qualche spiacevole sensazione di deja-vu, ma così non è affatto stato. Roger è un trascinatore nato !
Le date di Verona venivano subitissimo dopo l’esordio del Tour 2006 a Lisbona, ma essendo il concerto di Lisbona all’interno di un festival a più artisti (Rock In Rio), i concerti di Verona possono tranquillamente dirsi i primi effettivi del Tour ! Un occhio di riguardo verso l’Italia.
L’attesa è stata palpabile: moltissime le persone presenti che non erano state alle date del 2002.
La preoccupazione ha riguardato anche le condizioni meteo, avendo l’Arena come tetto il cielo, ma non ce ne saremmo andati neanche se si fosse messo a grandinare (beh, … in quel caso … forse …).
Alla fine il tempo è stato sufficientemente clemente, offrendo anche qualche tuono e un bel po’ di vento come effetti speciali gratuiti e molto suggestivi. Gli impermeabili, ognuno col suo colore, hanno creato un non-cercato arcobaleno molto azzeccato, vista la copertina di Dark Side.
Quando, con canonico ritardo, le luci si abbassano, parte un po’ di fumo scenico, le prime ombre iniziano a prendere posto sul palco e si inizia ad udire il tappeto iniziale del primo brano, tutti gli spettatori si affrettano ad accomodarsi con il cuore che batte a mille … e tanto per staccare gli ultimi pensieri verso il mondo esterno una ben conosciuta cadenza recita: "Ein, Zwei, Drei, Hammers !!!"
Parte l’immancabile In The Flesh, dove Roger nella parte del Rock-Dictator con l’aiuto di un faretto bianco ruotante indica a caso persone che per via di motivi più disparati vorrebbe ‘punire‘; al concerto del 5 nel momento di "… and another with spots !" la luce bianca si ferma su di me. Figo !
Intanto la canzone si chiude con uno spettacolo pirotecnico di scintille che fa volare la mente alle feste di capodanno, e serve a dare il segnale definitivo che il super show è cominciato per davvero.
Il pubblico è già mezzo in delirio, me compreso. Piccole cose ma dal grande effetto.
La disposizione sul palco è la seguente: il batterista è rialzato sulla sinistra, i 2 chitarristi solisti subito sotto, al centro -nelle retrovie- il chitarrista ritmico, rialzati sulla destra i tastieristi, le 3 coriste subito sotto … e Roger libero e che sprinta sulle fasce ^_^
Dietro ai musicisti c’è una gran sfilza di lunghe lampadine a stelo verticali che, come si potrà notare lungo tutto il concerto, hanno molteplici funzioni … dalla semplice illuminazione verso una più coinvolgente coreografia fino ad arrivare alla inattesa proiezione di porzioni di testo cantato; sopra ad esse si trova un telone rettangolare disposto orizzontalmente tenuto teso da corde, a mo’ di schermo cinematografico su cui vengono proiettati i filmati a corredo dei brani, il quale con tutto il vento della sera oscilla tanto da fare spesso un effetto "lento flashback" … dietro ad esso è nascosto "Mr Screen", lo schermo circolare tipico dei Floyd, voluto per la "metà oscura" del concerto.
Roger appare bello energico, allegro e "black dressed" come sua abitudine …
Incomincia Mother, saltando la sezione Happiest Days/Another Brick per poi recuperarla successivamente {scelta che farà apparire sul quotidiano locale L’Arena del giorno seguente il delirante passaggio: "(…) all’ultimo momento scompare proprio la famosa seconda parte di Another Brick In The Wall, presente in scaletta. Non importa: l’impatto (…) è così devastante da non lasciare posto a nient’altro che stupore. (…)" !!?!!}; si iniziano a notare sullo schermo i (tanti) nuovi filmati commissionati da Roger per il nuovo tour (un altro segno che ha avuto abbastanza tempo per preparare un sacco di sorprese …). L’ambientazione di queste prime immagini -non esclusivamente su Mother- è quella di un ragazzo nella sua stanza da letto (addobbata con poster, gagliardetti e simili) intento a fumarsi malinconicamente una sigaretta. Il percorso è ora davvero iniziato.
Seguendo i versi di Roger "Mother did it need to be so HIGH ?" l’immagine muta lentamente in quella di un universo stellato in lento movimento … più ALTO di così … È il magico momento di Shine On You Crazy Diamond … un passaggio davvero ben riuscito … e la sera del 5 il mio amico a questo punto si commuove un po’ … successe anche a me a Milano nel 2002. Le immagini e la mente volano verso Syd, e anche verso il Syd che è dentro ognuno di noi … ai giorni d’infanzia in cui non pensavamo avremmo mai avuto a volte gli occhi che sembrano "Buchi Neri nel Cielo" …
Non smetterò mai di stupirmi della bravura dei sassofonisti che negli anni hanno accompagnato i Pink Floyd e Roger … Ian Ritchie per esempio è superlativo e ci fa tutti sognare …
Però è il momento di tornare alle terrene riflessioni sul mondo e sulle persone che lo abitano: è il momento di Have A Cigar … e le orecchie sono sempre più puntate verso il nuovo chitarrista ma soprattutto verso Roger. Per quello che si è già sentito sono entrambi "in serata" e allenatissimi, e Roger non aveva mai suonato tanto il basso dal vivo negli ultimi tempi come adesso. Ma Have A Cigar è una delle new re-entry delle scalette Watersiane, ed è uno di quei brani vocalmente più difficili della scaletta, anche se è strutturato a frasi brevi e non troppo melodiche. Roger lascia tutti di sasso … la sua inconfondibile voce, da quando ha smesso di fumare, è tornata sempre più cristallina, dal CD In The Flesh del 2000, ai concerti del 2002, fino ad adesso, dove Roger è un vero spettacolo.
Il chitarrista nuovo, Dave Kilminster, non è da meno … una gran grinta e una precisione certosina.
E così, una incalzantissima Have A Cigar ci porta tutti senza respiro verso Wish You Were Here.
L’atmosfera torna trasognata, e Roger snocciola uno dei brani più must con la magia di sempre.
Tutti incantati, giungiamo dunque alla celebrazione definitiva di Syd attraverso un brano non dedicato originariamente a lui, ma che (essendo al confine del periodo Barrett) da anni Roger usa per rappresentare il climax del ricordo di quei primi anni di Floyd; infatti le immagini sullo schermo sono (oltre a liquidi giochi di luce old style) quelle del videoclip di Arnold Layne, primo singolo a firma Pink Floyd, ma presentate in una versione ultra-rallentata. Il brano è un tunnel di suoni.
I nostri applausi sono sinceri e sentiti, e la celebrazione di Syd Barrett non ci andrà mai a noia.
Ma ecco che siamo già di nuovo frenetici, perché Roger si siede in mezzo al palco, le luci si concentrano su di lui e partono le note di The Gunner’s Dream, altra new re-entry e prima parte del trittico di The Final Cut. La sera del 5, a questo punto, una persona alla mia destra sui 50 anni con gli occhiali ha le guance solcate da un paio di lacrime … lo capisco perfettamente … tanti sono stati gli anni in cui il pubblico di Roger era rimasto con il desiderio di sentire più brani da The Final Cut dal vivo … e l’attesa non è stata vana. Un momento bellissimo.
Si passa a Southampton Dock, brano di interludio ma sempre molto poetico … E finalmente si arriva a The Fletcher Memorial Home, dove Roger ci restituisce la sua voce al meglio del meglio. Il trittico di The Final Cut era forse il momento più atteso dello show, e non ha affatto deluso le aspettative.
Segue, dunque, il momento solista, con il doppio brano Perfect Sense; grande coesione del pubblico su questa hit, dove le parole "Hold On Soldier !" di P.P. Arnold risuonano come bombe.
A questo punto, durante la serata del 4 (il 5 era in un’altra posizione della scaletta), arriva la grande incognita, ossia Leaving Beirut, un brano solista originariamente noto per essere più recitato che cantato e per avere la durata di 13 minuti (!) … ma Roger risolve brillantemente mettendo un vero e proprio fumetto (con tanto di nuvolette) che sia sostituisce la parte narrativa sia aiuta la comprensione del poco noto testo cantato, il tutto condito da un arrangiamento inedito pieno di sax.
Ci siamo, manca una sola canzone alla pausa e a Dark Side. Come ultimo brano della prima parte, un’altra new re-entry nonché la più inaspettata di tutte … Sheep, che la seconda sera viene introdotta da Roger semplicemente con un belato live al microfono ^_^ … ed oltre ad essere trascinantissima, Sheep prevede anche un eccitante gioco pirotecnico su un finale ad libitum.
La pausa, come sempre, dà modo di scambiare le prime febbrili opinioni … ma gran parte dell’attenzione è ancora rivolta verso il palco, dove il telo rettangolare cede il passo a Mr Screen.
L’inizio della seconda parte, dedicata all’intero Dark Side set e a vari bis da The Wall, non può che scatenare i sensi con il semplice attacco del battito cardiaco di Speak To Me che fa vibrare tutta l’Arena, seguita dalla riflessiva Breathe. Roger canta poco durante Dark Side, ma offre al suo pubblico una sfolgorante performance al basso. On The Run diventa, con l’attenzione tutta rivolta a Mr Screen, un vero e proprio giro su delle montagne russe virtuali ambientate in uno spazio cosmico indefinito e allucinato, con improvvise intrusioni di treni ad alta velocità, mitragliatrici e cose così a volume anche un po’ troppo alto. Ci pensano gli orologi di Time a dare (a noi ma anche a tutta la città di Verona) la sveglia dopo il centrifugante viaggio precedente. Qui, dopo il gran divertimento di Graham Broad sul rototom iniziale, è Roger a cantare la parte principale, con Jon Carin a eseguire le parti di Wright. Passa poco e subito ci si raccoglie di nuovo tutti in meditazione grazie a The Great Gig In The Sky interpretata magistralmente da Carol Kenyon. E via di nuovo verso il ritmo con la sempre indiavolata Money, dove fa bella mostra di sé la bravura di Dave Kilminster. Anche Roger si lascia guidare dal ritmo e si mette praticamente a correre da una parte all’altra del palco per salutare meglio il suo pubblico. Money lascia spazio alla bellissima Us And Them, ad appannaggio di Carin. Giusto il tempo di gustarsi Any Colour You Like e passiamo al gran finale cantato da Roger di Brain Damage e Eclipse, laddove le immagini proiettate viste durante il set virano tutte verso la conclusione. Grandissimi applausi e una gran soddisfazione per il fatto che non capita così spesso di sentire interi album eseguiti dal vivo. Roger e la band fanno finta di aver finito tutto, lasciando a noi fan il non-scritto compito di invocare il bis a gran voce … battendo tanto i piedi da far tremare tutta l’Arena fino quasi a farla cedere …
Roger e la band tornano infine in scena accompagnati dalle grida di giubilo e bastano, anche qui, poche parole per farci letteralmente perdere il senno "You ! … Yes, You ! … Stand still laddy ! …".
Incomincia così la mezzora finale del concerto, dopo già 2 ore e mezza che esso prosegue senza aver fiaccato né noi né Roger né la sua band, con The Happiest Days Of Our Lives e Another Brick In The Wall part 2 dove il pubblico è veramente in delirio. Moltissimi i ragazzi e gli adulti a polsi giunti, messi a simboleggiare i martelli incrociati alla The Wall. Le parole "We don’t need no education" risuonano come e più di un inno che non conosce freno. Per l’ultima volta, la vera frenata è come sempre l’attacco del binomio successivo, alias Vera seguita dalla magniloquente Bring The Boys Back Home, monito che appare anche nelle luci verticali (la sera del 4 con un errore di ortografia "Boy’s", corretto in tempo per il 5).
Ed è senza ulteriori indugi che attacca la trionfale conclusione di Comfortably Numb, dove ormai siamo completamente persi o meglio piacevolmente storditi, e Roger ci ha stregati tutti.
Ripartono per un ultima volta gli effetti pirotecnici, ma con un’ultima grandiosa sorpresa … due enormi fiammate agli estremi del tetto della struttura dove suona la band … ed è un’esplosione visiva liberatoria e conclusiva. Scrosci di applausi e un grande fervore dentro al cuore.
Considerato che la serata del 4 Roger si è scordato di ‘presentare’la band, rimediando il 5, per me che ho visto entrambi i concerti è stato proprio come vedere un unico concerto di 6 ore diviso in 2 sere. Roger ringrazia dal più profondo del suo cuore … e noi facciamo altrettanto. A presto Roger !

© ALESSANDRO COSPITE 2006

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