FOCUS SYD BARRETT
Focus tematico a Bologna alla presenza del nipote di Barrett

Reportage a cura di
Alessandro Cospite


Foto di Alessandro Cospite



Domenica 15 Giugno 2008, alla Biblioteca della Cineteca di Bologna, si è svolto quello che -nelle speranze degli organizzatori- è stato "il primo Focus italiano di una lunga serie" su Roger Keith 'Syd' Barrett. Il Focus si è svolto nel corso della 4a edizione del Biografilm Festival.
Oltre all'importanza nel trattarsi del varo di una tale iniziativa, il meeting è stato impreziosito dalla presenza esclusiva del nipote Ian Barrett.

Al di là del piccolo stupore nel pensare che un simile intento -un incontro di buoni conoscitori del mito Barrett alla presenza di un pubblico di sinceri interessati- non fosse mai stato realizzato prima in Italia, è particolare che esso sia stato organizzato per un festival sul cinema.
Il musicista e pittore Roger Keith 'Syd' Barrett, come si sa, non è nè regista nè un vero attore, però è stato protagonista di (pochi) videoclip.
Non a caso, nella stessa edizione del Biografilm Festival, è stata proiettata una retrospettiva del primo regista di filmati dei Pink Floyd (e non solo) Peter Whitehead, presente al lancio della propria retrospettiva. (*)   Da qui, l'idea di un incontro tutto sull'enigmatica figura di Syd.

Moderato da Michele Orvieti, coadiuvato da Alan Porta, oltre a Ian Barrett al Focus hanno parlato di Syd il musicista Dario Antonetti e i giornalisti musicali John Vignola, Luca Ferrari e Alessandro Besselva Averame. Il Focus è stato 'baciato' da una grossa affluenza di pubblico.

Gli spunti delle discussioni sono nati, per restare in tema con il festival, dalla proiezione di video quali "Arnold Layne" e "The Scarecrow".
Sembra che il regista Whitehead abbia raccontato ad Alan Porta (suo curatore italiano per la retrospettiva) che attorno a Barrett si poteva percepire un muro invisibile creato dallo stesso Syd per non fare 'entrare' nessuno nella sfera più personale e intima della propria anima. Riguardando i video, si è evidenziato che Syd Barrett si concede all'obiettivo con più riluttanza di quanto invece si concede già Roger Waters. Tra suggeriti muri e evidenziato protagonismo di Roger, gli 'echi' degli anni seguenti abbondano, per la gioia dei patiti dei segni premonitori.

Inevitabili sono state le un po' stantie discussioni, rinfocolate da un paio di persone del parterre, sulla bontà degli altri Pink Floyd nei confronti di un Syd divenuto mentalmente ingestibile, quando hanno preso la decisione di andare avanti a suonare senza di lui.
Si può arrivare ad etichettare come 'lacrime di coccodrillo', o addirittura come sfruttamento di immagine, le dediche successive più o meno specifiche della band al 'pazzo diamante', minimizzando sia il fatto che hanno fatto passare almeno un quinquennio prima di fare riferimenti diretti, sia che l'empatia verso l'immaginazione e la realtà di Syd si è radicata nei fan proprio attraverso i toccanti tributi degli ex-colleghi.
Se nel mondo c'è un tale numero di persone che ripensano a Syd con grande affetto ed emozione senza neanche averlo conosciuto, Waters e compagni ne sono responsabili per una fetta enorme. Certamente non si può sapere se il culto di Syd si sarebbe ridotto ai minimi termini senza i reminder degli stessi Pink Floyd, e allo stesso tempo non si può dire con certezza se l'eventuale scelta di non volerlo ricordare troppo sarebbe stata sufficiente a fermare gli occasionali disturbatori della vita privata di Roger Keith negli anni a venire, mossi da morbosa curiosità.

Decisamente più stimolanti sono stati i dibattimenti per stabilire se Syd poteva sorpendentemente essere, nel momento critico di passaggio dalla fama al ritiro, in possesso delle facoltà fisiche e mentali necessarie per prendere volontariamente la decisione di abbandonare a un certo punto quello showbusiness che temeva lo avrebbe letteralmente ucciso o che magari lo avrebbe portato a uccidersi in giovane età ...
... o più che 'abbandonarlo', facendosi lasciare da parte apposta attraverso un cosciente malcomportamento mirato a non avere futuro.
Questa tesi, che deve comunque tener presenti le forti dosi di droghe lisergiche da lui assunte sia volontariamente che a sua insaputa in quei giorni, stonerebbe però con le testimonianze di un Syd, fresco di sostituzione da parte di David Gilmour (peraltro, come i fan ben sanno, suo amico di lunga data nonchè suo maestro delle 6 corde), che grida verso il gruppo "Quella è la MIA band!" in almeno un'occasione.

Troppa acqua è passata sotto i ponti per sapere quanta volontà ci fosse in Syd di registrare a quel punto due album da solista (più un terzo che fu assemblato dalla casa discografica anni dopo). Probabilmente avrebbe voluto avere di nuovo meno pressioni, ma altrettanto probabilmente se si fosse aspettato più tempo Syd avrebbe poi finito per non completare nemmeno uno dei due album. Quel che è certo è che un Syd, deluso e disilluso dal mondo della distribuzione della comunicazione sonora, decide di riprendersi il nome proprio Roger Keith e torna alla sua prima passione -la pittura- nella città natale di Cambridge, sostentato da un periodico assegno da parte dei Pink Floyd i quali prima di lasciarlo definitivamente andare gli hanno prodotto quegli album da solista che lo hanno consacrato come autore brillante e sensibile.

Ed è così, brillante e sensibile, che lo ricorda il nipote Ian Barrett. Lo ricorda affettuoso con i nipoti, e lo ricorda legato a un altro simbolo dell'iconografia Barrettiana ... l'amata bicicletta ... con la quale era solito -per intrattenere appunto i piccoli- fare qualche piccola evoluzione nel cortile della casa di Cambridge. Non ricorda particolari rivelazioni il nipote. Rammenta bene che non si doveva parlare di quando Roger era Syd, che la cosa lo avrebbe agitato. Ian ha confermato l'indiscrezione secondo la quale lo zio dopo aver fatto ogni nuovo dipinto lo fotografava e poi distruggeva l'originale. Non c'è bisogno di tante spiegazioni ... si possono facilmente immaginare più significati psicologici.

Paradossalmente Ian è stato una piccola delusione per i presenti al Focus. Ha subito asserito di non comprendere come ci possa essere un tale seguito nei confronti dell'opera discografica di suo zio, e non ha fatto molto altro che confermare o smentire velocemente le curiosità che gli venivano poste, con una palpabile dose di sufficienza. Ha senza dubbio parlottato di più con la sua traduttrice simultanea che con noi.

Un'aggiuntiva e inaspettata nota curiosa è (av)venuta ancora dalla famiglia Barrett ... precisamente, stavolta, dal piccolo erede di Ian ! ...
Ian è venuto con moglie e figlio piccolo al seguito, ed è risultato chiaro come la fermata al Biografilm Festival sia stato il poco avvincente contorno al suo viaggio turistico e non viceversa ... Ebbene ... mentre eravamo noi intenti ad attingere alle preziose memorie di un familiare di Syd e lui intento a guadagnarsi -forse in più sensi- la propria vacanza familiare sopportando le nostre domande per quanto gli era possibile,
il piccolo di 5 anni, tenuto sott'occhio dalla premurosa mamma, era intento in un angolino a giocare con i modellini ...
Il giovane Barrett -in un'improvvisa e spontanea quantopiù fedele reinterpretazione di Pinky nella scena della chiesa nel film di "The Wall"-
viveva probabilmente l'esperienza più vicina allo spirito di Syd Barrett di tutti i presenti ... si godeva meravigliosamente la propria fantasia ...


Alessandro Besselva Averame, all'epoca del Focus su Syd, stava ultimando un nuovo libro di traduzioni dei testi della discografia Floydiana, che è ora disponibile nei negozi con il titolo "Pink Floyd - The Lunatic - Testi Commentati" a cura della Arcana Editore (casa nota ai fan).

Il musicista Dario Antonetti ha colto l'occasione per suonare e fare della sana pubblicità all'eclettico progetto da lui curato di raccolta di cover da tutto il mondo del brano di Syd "Vegetable Man" in più volumi. Info su The Vegetable Man Project all'indirizzo http://www.oggettivolanti.it



© ALESSANDRO COSPITE - 2009

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